Il cibo, fattore di identità e integrazione tra i popoli

04/12/2018 - 

“Attorno al cibo per costruire dialogo, incontro, confronto e pace” è il titolo del convegno organizzato a Roma dall’associazione di giornalismo ambientale Greenaccord Onlus, in collaborazione con Regione Lazio e Arsial presso l’Aula Magna dell’Università Augustinianum. Un’occasione di riflessione intorno al cibo come fattore identitario, momento di socializzazione per eccellenza nei più diversi contesti culturali e religiosi e per questo terreno fertile su cui misurare il dialogo interculturale e sperimentare esperienze concrete di integrazione e inclusione tra i popoli.

Una matrice comune su cui riflettere, anche per prendere coscienza delle numerose contraddizione e dei forti conflitti che ruotano intorno a questo tema, perché se è vero come sottolinea Alfonso Cauteruccio, presidente di Greenaccord, che “il cibo rappresenta un elemento che, dalla sua produzione al consumo, può contribuire a vincere le resistenze, ad aprirsi al nuovo e al differente” è anche necessario oggi per rilanciarne il valore sociale “rivoluzionare gli stili di consumo, ripensare le tecniche di produzione e ricostruire le filiere agricole facendo riscoprire loro i saperi tradizionali, in modo da ridurre l’impatto ambientale e sociale dell’agricoltura e riaffermare la centralità dei piccoli produttori”.

Contraddizioni su cui si sofferma anche Antonio Rosati, presidente di Arsial, quando ricorda che nel Paese della dieta mediterranea si contano più di 350 mila bambini obesi, per lo più concentrati negli strati meno abbienti della popolazione. Quindi da una parte consumo in eccesso e spreco alimentare, mentre povertà e denutrizione sono ampiamente diffuse sull’intero pianeta.

“Il cibo è il più potente fattore sociale contemporaneo – ha detto Rosati – chi lavora intorno al cibo ha la possibilità di fare incontrare le persone, di spezzare la solitudine. Dal cibo può partire un mondo più giusto, un nuovo Umanesimo”.

Il cibo ci accompagna nei momenti di maggiore empatia, ha proseguito il presidente di Arsial, ha un valore simbolico a sottolineare i passaggi fondamentali della nostra esistenza, momenti di felicità ma anche momenti di tristezza come quando un nostro caro ci abbandona. E, rivolto alla folta platea di alunne e alunni degli istituiti agrari e alberghieri del Lazio, al mondo delle associazioni e a quello religioso, ha aggiunto: “quando facciamo la spesa, compiamo un atto politico, potendo scegliere prodotti che tutelino il lavoro degli agricoltori, la nostra identità e la terra”.

Atti concreti di cui si alimentano anche le numerose esperienze di agricoltura sociale presenti nel Lazio di cui sono stati testimonial per l’occasione Semi di Libertà Onlus, che ha realizzato un microbirrificio all’interno del carcere romano di Rebibbia, e Agricoltura Capodarco che ha fatto della produzione agricola un fattore di riscatto e inclusione per tante persone con disabilità.

A sottolineare infine il forte valore simbolico che il cibo assume in tutte le tradizioni religiose, l’intervento di Sandro Di Castro, ex presidente della comunità ebraica romana, nell’ambito della tavola rotonda in cui, sul tema, si sono confrontati esponenti delle principali comunità confessionali. “Non a caso – ha detto Di Castro – la prima trasgressione fatta da un uomo avviene proprio attraverso il cibo. La vera trasgressione non è stata mangiare un frutto proibito ma non averne dato un giusto valore, facendo prevalere il desiderio”.