Aglio rosso, un tesoro da valorizzare

29/09/2020 - 

L’aglio rosso è particolarmente rinomato per le sue proprietà officinali, ma nel Lazio vanta una storia lunghissima, che risale all’antichità e si lega alla cultura di due piccole comunità locali, nelle province di Viterbo e Frosinone.

L’aglio rosso, chiamato così per il colore rosso porpora delle tuniche che rivestono i suoi bulbi, è una vera perla gastronomica. Di recente è tornato alla ribalta culinaria per le sue qualità organolettiche, ma anche per le numerose proprietà officinali, antiossidanti e antinfiammatorie.

Il Lazio ne conta due varietà storiche, quello di Proceno (VT) e quello Castelliri (FR), incluse per iniziativa di Arsial tra i Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) e nel Registro Volontario Regionale delle risorse genetiche autoctone a rischio di erosione, nell’ambito delle attività a tutela della nostra biodiversità agraria, previste dalla L.R 15/2000 e finanziate dall’Operazione 10.2.1 del PSR Lazio 2014/2020.

La coltivazione di queste due varietà di aglio rosso ha influito profondamente nella storia delle piccole comunità locali in cui si è radicata, influenzando una parte importante delle loro economie, che sulla valorizzazione di questa risorsa stanno costruendo nuove ipotesi di sviluppo sostenibile.

AGLIO ROSSO DI PROCENO
L’Aglio Rosso di Proceno è un elemento tipico dell’enogastronomia viterbese. Il sapore delicatamente piccante e il suo profumo, intenso e persistente, caratterizzano molte ricette della rinomata cucina locale, carni e zuppe in primis.

Secondo la tradizione orale, la coltura dell’aglio rosso era radicata in zona già in epoca etrusca, ma i primi documenti ufficiali nel quale compare, risalgono al XV e al XVI secolo: uno statuto degli ortolani della Val di Lago e un secondo documento, nel quale la citazione è accompagnata dal disegno della “resta”, la treccia. In epoca moderna i documenti che lo ricordano sono numerosi, a partire dalle memorie storiche di Proceno pubblicate dal Nutarelli nel ’32.

L’Aglio Rosso di Proceno si coltiva su terreni argillosi, molto tenaci, tipici delle belle colline della zona. La semina avviene tra novembre e gennaio, mentre la raccolta si esegue manualmente tra la fine di giugno e l’inizio di luglio. Una volta ottenuto il raccolto, il prodotto viene essiccato per circa due mesi in ambienti ben ventilati e poi riunito in mazzi o trecce. Nel mese di maggio si esegue la starlatura, che consiste nell’eliminazione manuale dello scapo fiorale per rallentare lo sviluppo vegetativo della pianta e favorire l’ingrossamento del bulbo. Lo scapo fiorale, generalmente conosciuto come “tarlo” o “tallo”, viene consumato fresco oppure bollito e conservato sott’olio o in agrodolce. Dalla lavorazione del tarlo si ottiene un altro prodotto agroalimentare tradizionale (PAT), forse meno conosciuto di quanto meriterebbe: il Tallo sott’olio dell’Aglio Rosso di Proceno, che ha un gusto meno deciso dell’aglio, ma conserva le stesse proprietà officinali.

Ogni anno la Pro Loco di Proceno dedica all’aglio rosso una grande sagra, oramai quasi storica, che inizia la prima domenica di agosto e si chiude il 14 del mese.

Area di produzione: comuni di Proceno e Acquapendente (VT).

 AGLIO ROSSO DI CASTELLIRI
In questo piccolo borgo della Ciociaria, nei dintorni di Sora, l’aglio rosso si coltiva da tempo immemore. Nei racconti orali e nelle immagini storiche riguardanti la vita della comunità, la coltivazione dell’aglio rosso è una presenza ricorrente, tanto da risultare consistente già ai tempi del Regno di Napoli, cui il borgo apparteneva. In una statistica del 1811, dedicata allo stato dell’agricoltura nell’intera provincia Terra di Lavoro, l’aglio rosso è già citato tra le produzioni più diffuse e apprezzate della zona.

In cucina l’Aglio Rosso di Castelliri si caratterizza per il sapore acre, l’aroma pungente e la piccantezza. La semina del prodotto avviene da dicembre a febbraio, ma in casi eccezionali anche nei mesi di marzo e aprile. La raccolta avviene tra la fine di giugno e l’inizio di luglio. In genere, dopo l’estirpazione le piante vengono lasciate sul terreno per 4 o 5 giorni e appese in ambienti asciutti per terminare l’asciugatura. Le fasi che scandiscono la lavorazione del prodotto anche dopo la raccolta, sono ancora tendenzialmente quelle previste dalla tradizione. Conclusa l’asciugatura, le foglie delle piante vengono lasciate a mollo in acqua per un’intera nottata, all’interno di piccoli tini in legno, per poi essere intrecciate a mano.

Area di produzione: comuni di Castelliri e Isola del Liri (FR).

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