Vendemmia 2020, il Lazio verso una buona annata

03/09/2020 - 

Una leggera flessione quantitativa e una grande qualità sembrano essere le due costanti della vendemmia in corso, secondo i viticoltori della nostra regione. Nel Lazio le aspettative sull’andamento dell’annata compensano, almeno in parte, le preoccupazioni per il difficile quadro economico di settore.

Una grande qualità delle uve e un leggero calo di produzione. L’apertura della vendemmia, nelle dichiarazioni dei viticoltori laziali, sembra presagire a un’annata importante, con naturali variazioni dovute alle differenze di clima e di ambiente nei diversi territori della regione.

Secondo una serie di interviste campione, condotte da Arsial tra operatori dei maggiori distretti vinicoli della regione, nel Lazio la vendemmia 2020 dovrebbe confermare il trend nazionale, descritto da Ismea, Unione Italiana Vini e Assoenologi nella conferenza stampa di stamane alla presenza della Ministra Bellanova. Un trend caratterizzato da una leggera diminuzione delle quantità rispetto al 2019 e una grande qualità delle uve. Secondo le previsioni Ismea, la produzione nazionale 2020 dovrebbe attestarsi poco al di sopra dei 47 milioni di ettolitri, in leggerissima flessione rispetto allo scorso anno. Nel Lazio, invece, l’istituto stima un calo annuale del 5% rispetto agli 800 mila ettolitri del 2019.

La qualità e le aspettative sul valore dell’annata compensano, almeno in parte, le preoccupazioni per il difficile quadro economico generale, che ha visto il mercato del vino pagare uno scotto considerevole alla crisi pandemica e al blocco delle economie internazionali.

UNA VENDEMMIA DI QUALITÀ
Grappoli rigogliosi e quasi privi di fitopatie. Le aspettative per un’annata di grande livello sono riposte soprattutto nella qualità dei frutti, che è il dato più significativo segnalato dagli operatori. Il calo delle quantità è invece una tendenza generale, dovuta soprattutto alla stagione arida e alla scarsità delle precipitazioni. Nel nord della regione, nel territorio dell’Alta Tuscia, diversi produttori lamentano un calo molto consistente, mentre nel resto del Lazio la flessione si attesta su valori più bassi. Fa eccezione il comprensorio dei Castelli Romani, soprattutto nell’areale di produzione del Frascati Doc e Docg, dove le quantità sembrano le stesse o addirittura superiori agli anni precedenti. “È una buona stagione per quantità e qualità – commenta Felice Gasperini presidente del Consorzio di Tutela Vini Frascati – anche grazie alla situazione climatica favorevole. La raccolta dovrebbe non scendere al di sotto dei 109 quintali per ettaro, che è la resa media per il nostro consorzio”.
Di flessione parla invece Luigi Caporicci, presidente della cooperativa Gotto d’Oro, storica produttrice del Marino Doc: “Le considerazioni vere e proprie sono rimandate a fine raccolta, ma per il momento sembrano esserci tutti i presupposti per una buona vendemmia: una discreta diminuzione delle quantità, ma una grande qualità delle uve”.
Alla flessione generale delle quantità, nel Lazio ha contributo anche il diffondersi delle pratiche di vendemmia selettiva, adottate in molti distretti per favorire la qualità del prodotto finale.

MERCATO
Il mercato è il grande elemento di preoccupazione, specie per le chiusure e la situazione di stasi del comparto Horeca. Alcuni mercati esteri, continentali ed extraeuropei, hanno manifestato una tiepida riapertura, mentre altri stanno ancora scontando gli effetti della paralisi. La seconda grande criticità riguarda le giacenze ancora stoccate in cantina, causate in massima parte dal lockdown, che in molte realtà, oltre a complicare la gestione, hanno prodotto un ulteriore sovrainvestimento per l’acquisto di dotazione.

PROMOZIONE
La situazione di incertezza legata alla pandemia ha determinato anche il fermo sostanziale delle attività di promozione, che nel Lazio coinvolgono cantine, consorzi e soggetti istituzionali. “Prima della lockdown – ci racconta Antonio di Cosimo, presidente del Consorzio di Tutela Cesanese del Piglio – avevamo un programma molto interessante, basato su grandi appuntamenti fieristici ed eventi nelle città italiane, abbandonato per il blocco delle attività. Adesso confidiamo nella ripresa”. Sulla stessa linea si pone Roberto Rotelli, che presiede la Strada dei Vini dei Castelli Romani: “La situazione particolarmente incerta, finora non ha reso possibile lo svolgimento delle attività di promozione, ma appena possibile riprenderemo”.

BIODIVERSITÀ
Ad alimentare le speranze, contribuisce anche la voglia di autoctoni che i consumatori, malgrado le difficoltà, continuano a manifestare. La scelta della viticoltura autoctona si è rivelata vincente per molte aziende laziali, alcune oramai storiche, altre recentissime e spesso di ridotte dimensioni, che hanno legato la propria attività al rilancio dei vitigni locali. Ce lo conferma Danilo Scenna, titolare di una giovane azienda verde in Val Comino vocata alla coltivazione di autoctoni, che sta orientando il proprio business su export e on-line: “Il mercato, anche internazionale, è sempre alla ricerca di vitigni e territori. Si percepisce una fame di autoctoni, che supera l’enogastronomia e abbraccia l’intero territorio: la sua cultura e il suo ambiente”.
La riscoperta e il rilancio degli autoctoni, nel Lazio sono figlie di una precisa scelta istituzionale, orientata alla tutela e alla valorizzazione delle biodiversità vitivinicola. Una scelta alla quale Arsial ha dato seguito nell’ambito della Legge 15/2000 e dell’Operazione 10.2.1 del PSR Lazio 2014-2020. Solo di recente, su iniziativa dell’Agenzia e della Regione, sono stati iscritti nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite: il Maturano nero e l’Uva Giulia.

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