Per Roma, una ristorazione a marchio di qualità

28/11/2018 - 

Uno ‘stemma’ di qualità della città di Roma. Questa la proposta di Antonio Rosati per valorizzare i prodotti agroalimentari della regione e i pubblici esercizi di ristorazione.

Il presidente di Arsial Antonio Rosati, intervenuto oggi alla tavola rotonda organizzata dalla Fipe Confcommercio di Roma sui pubblici esercizi e per la valorizzazione dell’agroalimentare di Roma e del Lazio, ha parlato addirittura di ‘stemma’ di qualità, non solo per la bontà del cibo e delle materie prime, ma anche per il servizio di bar e ristoranti. A certificarlo, dovrebbero essere Roma Capitale e La Regione Lazio.

“Il passaparola resta il principale fattore di marketing – ha detto Rosati – su 100 avventori, 95 vanno in un ristorante perché glielo ha detto qualcuno. La reputazione è tutto. E allora, la mia proposta che rivolgo all’assessore allo Sviluppo economico di Roma Capitale, Carlo Cafarotti, è di lavorare a uno stemma di qualità della città di Roma. Un logo, una identificazione per chi lavora bene”.

Visto che “l’agroalimentare tira, il cibo italiano tira” – ha continuato il presidente di Arsial facendo riferimento alla formazione degli allievi degli istituti agrari e alberghieri attraverso contratti di apprendistato – “noi dobbiamo approfittare di questo soprattutto per i nostri ragazzi, il cui futuro resta il nostro assillo”.

Alla tavola rotonda moderata da Nerina Di Nunzio, Direttore IED e Food Confidential Founder, hanno partecipato anche il direttore di Agrocamera Carlo Hausmann, lo Chef-Patron Antonello Colonna e l’imprenditore di Casale del Giglio Antonio Santarelli.

Giancarlo Deidda, commissario Fipe-Confcommercio di Roma, ha tracciato un quadro della consistenza del settore nella Capitale, dove operano 22.099 imprese tra servizi di ristorazione, di intrattenimento e servizi balneari, su un totale nazionale di 307.883. Un settore in cui il 92% degli esercizi commerciali ha meno di 10 addetti, caratterizzato da “un turn over molto elevato”, dove nascono “aziende più strutturate, mentre stanno morendo quelle che non si sono rinnovate”.