Palo Laziale, un progetto per il ripristino degli ecosistemi costieri

20/12/2018 - 

Grazie a un finanziamento UE, Arsial e Università di Roma la Sapienza collaborano a un progetto dimostrativo per il ripristino degli ecosistemi costieri mediterranei.

Presentato ufficialmente questa mattina, in una sala gremita di pubblico presso l’arancera dell’Orto botanico di Roma, il progetto Life Primed per “il ripristino, la gestione e la valorizzazione di habitat prioritari delle aree costiere del Mediterraneo”. Si tratta di un intervento complessivo di oltre 2 milioni di euro, finanziato per il 75% con fondi dell’Unione Europea attraverso il Programma Life, che coinvolge due siti di particolare valore ecologico situati in aree costiere del mediterraneo, Palo Laziale per l’Italia e il delta del fiume Nestos per la Grecia, spiega Vito Cambria, project manager del Dipartimento di Biologia Ambientale dell’Università di Roma La Sapienza, che coordina il gruppo di esperti, parte dell’università parte di Arsial, impegnati sul campo.

A guidare l’intervento complessivo è tuttavia una Ong greca, l’Hellenic Society for the Protection of the Nature (HSPN), che insieme ad altri due partner ellenici – Management Body of Nestos Delta (EPAMATH) e Institute of Mediterranean Forest Ecosystems (IMFE) – interviene con un’analoga azione di rispristino ambientale in un’area del delta del fiume Nestos.

Circa la metà dei fondi verrà comunque destinata ad azioni di ripristino ecologico in un’area protetta del litorale laziale, il Bosco di Palo (Ladispoli), uno degli ultimi esempi di bosco umido di pianura che un tempo si estendevano lungo tutta la costa tirrenica dell’Italia centrale.

L’idea è quella di mettere a punto un modello di intervento replicabile in altre aree del mediterraneo ove una serie di concause – siccità prolungata, attacco di patogeni, salinizzazione dei suoli, carente gestione selvicolturale –rischiano di avviare verso un declino irreversibile aree forestali di particolare pregio.

A Palo, su una proprietà della famiglia Odelscalchi di circa 130 ettari, situata sul litorale nei pressi di Ladispoli, sono stati individuati 50 ettari di bosco degradato su cui verrà realizzato il progetto di recupero. Un intervento complesso e delicato perché si interviene su un ecosistema molto fragile e già ampiamente compromesso, nonostante si tratti di uno dei siti sotto tutela, parte della rete di Natura 2000.

“Gli ecosistemi mediterranei sono tra i più vulnerabili ai cambiamenti climatici e alle pressioni antropiche. Minacce ormai sempre più evidenti anche ai non addetti ai lavori – spiega il professor Fabio Attorre del Dipartimento di Biologia Ambientale della Sapienza Università di Roma – il Bosco di Palo Laziale è stato oggetto di una prolungata aridità e salinizzazione dei suoli, che hanno favorito l’insorgere di parassiti di debolezza, in particolare l’azione di un fungo chiamato Biscogniauxia mediterranea, che hanno causato la morte progressiva di oltre l’80% degli alberi presenti. A Palo si assiste al collasso di un ecosistema, il bosco si è trasformato in una specie di savana. Un fenomeno di deperimento forestale che trova riscontro in tanti altri casi a livello europeo e non solo”.

Per far fronte a tale situazione, dopo una fase preliminare di studio condotta sui parametri ambientali dell’area, sarà necessario intervenire su più versanti, collocando tuttavia tra le azioni prioritarie l’approntamento di un sistema di raccolta delle acque superficiali a limitato impatto ambientale (carbon free e sotterraneo). La risorsa idrica accumulata potrà poi essere rilasciata durante la stagione secca, garantendo ai suoli il livello di umidità necessario a favorire la ripresa della vegetazione forestale e lo smaltimento dei sali in eccesso.

Attraverso l’adozione di pratiche selvicolturali (ripulitura della vegetazione infestante, riduzione della densità del bosco, piantumazione di nuovi esemplari delle essenze già presenti) e l’applicazione di tecniche di ingegneria ambientale, le azioni del progetto mirano a ripristinare il querceto planiziale e ad aumentare l’attuale superficie occupata dagli stagni temporanei, con l’intento di contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici e di salvaguardare gli habitat e le specie animali a maggior interesse conservativo.

Quattro in particolare le azioni affidate ad Arsial, precisa Luca Scarnati, che per l’Agenzia segue le tematiche di interesse forestale: il monitoraggio puntuale della vegetazione sull’intera area del progetto e per tutta la durata dell’intervento; la riproduzione vivaistica di specie forestali già presenti nel bosco per la messa a dimora di nuove piante; l’istallazione e la gestione del sistema di rilevamento meteoclimatico che dovrà guidare molte delle azioni previste; gli interventi di ripulitura della vegetazione infestante sull’intera area.

“Una grande sfida per la sostenibilità, commenta Antonio Rosati presidente di Arsial, con l’intento di mettere a punto un modello che possa essere mutuato in altre aree, valorizzando le risorse materiali e professionali di cui l’Agenzia dispone”.