Il colpo di coda dell’inverno ha rallentato i raccolti. E se normalmente questo avrebbe generato più di una inquietudine, in tempo di coronavirus gli agricoltori tirano quasi un sospiro di sollievo. Perchè le misure restrittive hanno reso le cose più difficili. Gli operatori agricoli raggiungono i campi con maggiore difficoltà, le regole di distanziamento impongono un abbassamento dei ritmi di lavoro. E non sempre la consapevolezza del proprio ruolo basta a motivare il rischio che comporta uscire ogni giorno quando tutti devono rimanere chiusi in casa.
Ma tra incertezze e timori la filiera dell’agroalimentare continua imperterrita a garantire la disponibilità di cibo. “Negli stabilimenti non ci sono state defezioni– racconta Luca Peppe, della cooperativa agricola Agripeppe in provincia di Latina- i problemi sono più nei campi, soprattutto da quando Fondi è diventata ‘zona rossa’. La gente si muove malvolentieri perché ha paura delle multe”. C’è anche chi rifiuta il lavoro perchè teme per la propria salute o quella dei propri cari. Il comparto agricolo, però, ha dimostrato una propensione quasi militare al rispetto regole.
“Distanze, guanti, maschere e quando arrivano i trasportatori per lo scarico non scendono dai camion. Ai dipendenti misuriamo la temperatura in entrata e in uscita” racconta Emanuele Marella, titolare di un caseificio a Roma e presidente del Consorzio Ricotta Romana Dop.
Nel centro operativo del Copa, cooperativa dell’asparago verde di Canino, “la forza lavoro è composta dal 70% di donne fra i 35 e i 40 anni– spiega il presidente Ernesto Baglioni- e di 110 dipendenti solo 8 sono rimasti a casa per vari motivi”.
Nei campi, in piena stagione di raccolta, i produttori del viterbese ringraziano il momentaneo calo delle temperature, “perchè manca almeno un terzo degli stagionali, si raccoglie di meno- dice Baglioni- non so dire cosa succederà quando tornerà il caldo”. Secondo Coldiretti in Italia un quarto dei raccolti sono a rischio, con oltre 350mila stagionali fermi alle frontiere. “Ma ci sono raccolti che richiedono più manodopera di altri- rassicura Luca Peppe- e si tratta di ortaggi prodotti specialmente in estate, come i pomodori”. Per ora, dunque, ciò che conta è il presente. Il ricorso quasi esclusivo ai supermercati favorisce il consumo di alcuni prodotti invece che altri. “Si acquista principalmente ciò che dura più a lungo come arance, mele, patate”, fa presente Luca Peppe. “La chiusura dei bar e delle pizzerie- sostiene Emanuele Marella- ha fatto scendere il consumo di latte fresco di mucca e mozzarella fiordilatte”. Tuttavia, assicura Sonia Santarelli, allevatrice della zona di Amatrice, “il latte destinato al settore caseario non risente delle oscillazioni”.
Un’altra paura è che “con tutte le attività ferme ci sia meno denaro in circolazione, quindi meno acquisti” confida Luca Peppe. Su questo c’è chi ha le idee chiare: ”Ci vuole ottimismo – dice Emanuele Marella- la gente non si deve allarmare per la crisi. Se c’è meno domanda, bisogna stare compatti e gestire la propria criticità perché la situazione certamente migliorerà”.
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