Il presidente di Arsial, Antonio Rosati, nel corso di un’audizione in Commissione agricoltura e ambiente, presso il Consiglio regionale, traccia un bilancio delle azioni portate a termine durante il suo mandato e si dice pronto a sostenere altre sfide.
“La sfida per giustificare la presenza di un’agenzia l’abbiamo vinta”, ha detto Rosati. Finita la fase del risanamento, se il Consiglio e l’assessorato lo vorranno, siamo pronti per qualche altro compito in modo da potere fare più sistema”.
La funzione dell’Agenzia è quella di essere strumento operativo della Regione a supporto dell’agricoltura del Lazio, ha aggiunto il presidente di Arsial. Oggi la sua struttura è stata notevolmente ridimensionata rispetto al passato, il suo bilancio è stato risanato, una serie di attività ‘improprie’ sono state chiuse o trasferite ad altri enti. Tra queste, la gestione degli acquedotti, che in base ad un protocollo sottoscritto tra le parti passa ad Acea.
La gestione del patrimonio e l’attività di promozione dei prodotti agroalimentari del Lazio rimangono tuttavia, insieme all’assistenza tecnica, le principali funzioni di Arsial. Nel campo dell’assistenza tecnica “la nostra sfida è divulgare i prodotti migliori”, ha spiegato Rosati. “Il mercato del biologico raddoppia il fatturato, c’è un’enorme domanda di prodotti con meno chimica, le aziende lo hanno capito ed ecco la scommessa da giocare affinché si possano divulgare le scoperte e il lavoro. Mi piacerebbe avere più risorse per fare più borse di studio”.
“Abbiamo messo in rete il sistema alberghiero – ha continuato Rosati – Oggi le scuole alberghiere sono in overbooking perché le famiglie e i ragazzi hanno capito che il cibo italiano e l’agricoltura tirano e offrono tante prospettive di lavoro”.
Ma si può pensare anche a un miglior ‘sfruttamento’ delle aree verdi, compatibilmente con la loro preservazione: “I grandi boschi e le aree verdi in Svezia e Germania sono preservati ma sono anche un fattore di sviluppo dell’economia. Abbiamo 300 ettari che ci vengono in eredità nel Comune di Viterbo che abbiamo risistemato e oggi i cittadini di Viterbo e provincia possono andare li’ e usufruirne ma penso, sempre per l’assillo del lavoro ai giovani, che se lì facessimo un bando potremmo creare una decina di posti di lavoro e un punto di ristoro”.
Le idee e le proposte possono essere tante, ma occorre fare i conti con risorse più che dimezzate rispetto a una ventina di anni fa e con pochi fondi destinabili ai progetti: “Oggi i fondi per il funzionamento sono di 14,2 milioni – e nel prossimo biennio arriveranno a 11, come ha puntualizzato il direttore generale Stefano Sbaffi – ma 8,5 di questi sono dedicati alle spese di personale, di manutenzione, quelle vive, quelle obbligatorie e le tasse sul patrimonio. Quindi la parte da destinare alle attività si riduce a circa 5 milioni. Emilia Romagna, Toscana, Veneto hanno almeno il triplo dei fondi, per non parlare della Sicilia”.
Di qui la richiesta, avanzata da Rosati, di rimettere mano alla legge vigente sulla dismissione del patrimonio, in modo da riservare una parte almeno degli introiti, attualmente destinati alla Regione, per il finanziamento di attività dell’agenzia, compresa la manutenzione degli immobili.
E infine un accenno all’uso della terra, vista come “valore d’uso anziché di scambio”. Con un riferimento esplicito alla valorizzazione della tenuta di Castel Di Guido, di proprietà della Regione.
“Se andremo avanti col bando per l’affidamento in affitto, e non in vendita, avremo gli occhi addosso di tutta Europa – ha concluso Rosati – perché Castel Di Guido, con i suoi duemila ettari, può significare tante cose alle porte di Roma e sarebbe una valvola ambientale straordinaria”.