Una giornata di riflessione e approfondimento interamente dedicata alle cantine del Lazio con la presenza dell’assessore all’agricoltura Carlo Hausmann e dell’amministratore unico di Arsial Antonio Rosati. Ad ospitare l’incontro, la splendida struttura della Cooperativa Cincinnato a Cori. Annunciato subito dopo il Vinitaly, che ha visto la partecipazione di 60 cantine laziali riunite sotto l’ombrello regionale, l’appuntamento si prefigge l’obiettivo di fare il punto con i produttori sulle prospettive di settore, sulle criticità che ne frenano lo sviluppo, sulle opportunità da cogliere alla luce delle misure previste dal PSR 2014-2020 e dalla nuova OCM vino, con particolare attenzione alle politiche di sostegno all’internazionalizzazione delle imprese.
A introdurre i lavori, Carlo Hausmann, assessore all’agricoltura della Regione Lazio che ringraziando il presidente della cooperativa Cincinnato per aver messo a disposizione la propria struttura al fine di realizzare la giornata di lavoro che si sta per aprire, dice: “finalmente siamo noi – riferendosi alla istituzione che rappresenta e alle altre partecipanti – che andiamo nelle aziende, non viceversa”. E annuncia immediatamente i tre focus della giornata, tre proposte cardine su cui costruire la strategia di rilancio della vitivinicoltura del Lazio: la costituzione di un consorzio unico regionale che riunisca tutte le Denominazioni di origine, sul modello già sperimentato con successo dalla Regione Marche, un progetto unitario indirizzato all’internazionalizzazione delle imprese che sfrutti le risorse messe a disposizione dalla nuova OCM vino, tra l’altro – aggiunge l’assessore – utilizzabili anche per “arricchire la nostra proposta di Vinitaly 2017”, l’ipotesi di costituire una confederazione delle Strade del vino che ridia impulso ad uno strumento strategico di valorizzazione dei territori, ponendo più enfasi sulla valenza turistica dell’enogastronomia regionale.
Segue l’intervento di Antonio Rosati, chiamato in causa da Hausmann come responsabile dell’Agenzia che è preposta a trasformare i temi oggetto di riflessione in “un’ottica di servizio al settore”.
Nel Lazio il comparto vitivinicolo ha un’importanza economica rilevante, dice Rosati e aggiunge “sono i numeri a dircelo: 144 milioni di euro, 1,3 milioni di ettolitri ottenuti, 3 Docg, 27 Doc, 6 Igt. E’ una grande ricchezza che dobbiamo potenziare lavorando insieme. Cooperare per competere, questa è la via maestra”.
“Dobbiamo fare squadra – prosegue l’amministratore unico di Arsial – perché anche le grandi aziende non ce la fanno se non stanno insieme. Ma questo non significa reprimere il singolo talento, vuol dire avere maggiore forza sui mercati. Per questo è importante costituire un’associazione che raccolga i produttori del Lazio, creando uno strumento giuridico che ci consenta di usare meglio le risorse e destinarle alla promozione”.
Ma a mettere veramente il dito nella piaga è Claudio Di Giovannantonio, dirigente della struttura Arsial che si occupa di qualità delle produzioni e in particolare per i vini segue la complessa problematica legata alle denominazioni di origine, alla revisione dei disciplinari di produzione e offre supporto alle aziende per l’internazionalizzazione della filiera. Dal 1970 ad oggi il vigneto Lazio, dice Di Giovannantonio, illustrando slides più che eloquenti, ha lasciato sul terreno circa 70 mila ettari, l’80% circa della superficie vitata: dai novantamila di allora siamo passati a poco più di 16 mila ettari, avvicinandoci paurosamente alla soglia critica dei 15 mila, al di sotto della quale è difficile parlare di distretto vitivinicolo regionale. Ora si tratta di arrestare l’emorragia, intervenendo rapidamente a supporto di una fascia aziendale “strategica” ove la coltura della vite è presente con una superficie compresa tra i 2 e i 10 ettari. Circa 2 mila aziende, che nel complesso presidiano oltre 10 mila ettari di vigneto, ove è necessario intervenire per ristrutturare, riorientare, valorizzare operando sul rinnovo degli impianti, sulla piattaforma ampelografica, sulla riconversione dei sistemi di allevamento. Ma soprattutto tenendo presente che attualmente a fronte di 36 DO riconosciute nel Lazio, il 68% della superficie rivendicata fa capo a solo 3 di esse. Il che vuol dire che “occorre semplificare drasticamente il panorama sulle nostre denominazioni di origine, gran parte delle quali esistono ma non vengono rivendicate da nessuno”.
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