Il biologico continua a tirare. Superfici e operatori in aumento, mercato in espansione. Probabile effetto “doping” in relazione ai finanziamenti previsti dal nuovo ciclo di programmazione dei fondi comunitari per l’agricoltura. La crescita nel Lazio al di sotto della media nazionale.
Chiude a Bologna il SANA, Salone internazionale del biologico e del naturale, e si aprono le prime riflessioni su una filiera, quella della produzione biologica, che non accenna a ridimensionare il proprio trend di crescita. Gli ultimi dati ufficiali, diffusi dal SINAB (sistema di informazione nazionale sull’agricoltura biologica), risalgono al 2015 e registrano un incremento netto sull’anno precedente del numero degli operatori (+ 8,2%) che sfiorano le 60 mila unità e della superficie coltivata (+ 7,5%), giunta sulla soglia di 1,5 milioni di ettari, pari al 12% della Sau nazionale. Una crescita più che significativa, che comunque è in linea con quanto avviene in altri paesi europei, Francia e Spagna in particolare, dove le superfici salgono del 21,7 e del 15,1 % rispettivamente.
Niente di nuovo, invece, sulla destinazione delle superfici a coltivazione biologica, dove predominano come sempre i pascoli, le foraggere, i cereali e, tra le colture permanenti, l’olivo. Preoccupante, a quest’ultimo riguardo, la forte espansione delle importazioni da paesi terzi: più che triplicata tra il 2014 e il 2015 per l’olio di oliva ed extra vergine proveniente dalla Tunisia (pari al 25% della produzione domestica di olio biologico) e praticamente raddoppiata (+ 82%) nel caso del grano duro di origine turca.
Circa 400 mila ettari su un totale di un milione e mezzo destinati al biologico, sono classificati come “terreni in conversione”, un quarto dei quali “convertiti” nel 2015. Una spinta propulsiva cui non può essere estraneo lo stimolo impresso dal nuovo ciclo di programmazione (2014 -2020) dei fondi comunitari per l’agricoltura. Il varo definitivo dei PSR (Piani di Sviluppo Rurale) nel corso del 2015 e le relative misure di sostegno all’agricoltura e alla zootecnia biologiche hanno senza ombra di dubbio drogato in qualche misura il sistema. Perché anche nel comparto zootecnico – segmento tradizionalmente restio a dinamiche espansive di breve periodo – l’impennata è significativa e non bastano una domanda sostenuta orientata al bio, associata ad un mercato del “convenzionale” fortemente condizionato da prezzi al ribasso, a giustificare la crescita dell’ultimo anno.
Nel corso del 2015, in particolare, le produzioni animali più rappresentative crescono nell’ordine del 20%: 19,6% i bovini, 18,2% il pollame. Con un buon incremento anche per equini (+10%) e caprini (+ 8,8%).
A fronte di un’esplosione degli investimenti sul biologico – che si traduce in aumento di superfici investite e operatori attivi – databile al 2013, sul fronte della domanda (dati Ismea – Nielsen) è da oltre un quinquennio che si verificano aumenti nell’ordine del 10-11% annuo. Mentre il totale degli acquisti alimentari (biologico e convenzionale) soffre negli ultimi anni di una relativa stagnazione, registrando per alcuni generi addirittura numeri negativi.
Sintomatico quanto avviene in Italia nella grande distribuzione dove il biologico è arrivato certamente in ritardo e con quote di superficie dedicata, a scaffale, alquanto ridotte e dove le vendite del bio incidono ancora per percentuali molto contenute (3%) sul totale delle vendite alimentari. Qui, tuttavia, alcuni comparti mostrano performances particolarmente brillanti, considerato che i corrispettivi “convenzionali” registrano contemporaneamente flessioni più o meno consistenti. Vini e spumanti bio crescono del 43% in valore tra il primo semestre 2015 e l’analogo periodo del 2016, mentre le carni fresche e trasformate presentano nello stesso arco temporale un incremento del 30%. Un più 23% viene registrato dai derivati dei cereali, ma anche gli altri segmenti si posizionano comunque su valori in crescita, compresi tra il 10 e il 20 per cento.
Scendendo di scala, il panorama regionale del biologico si presenta alquanto variegato. Il primo dato che balza agli occhi, dal nostro punto di vista, è la relativa frenata del Lazio, dove gli operatori crescono del 6,3% e le superfici aumentano leggermente (+0,9%), collocando la regione largamente al di sotto della media nazionale. Trend in decisa crescita si registrano viceversa in Sicilia, Abruzzo, Toscana, Lombardia, Veneto. Grazie al forte sviluppo dell’agricoltura biologica consolidato negli anni precedenti, la nostra regione si colloca tuttavia ai primi posti nella classifica nazionale se si considera il rapporto tra superficie coltivata a biologico e superficie totale a destinazione agricola.