Avviati già a partire dal mese di luglio i primi sopralluoghi nel Bosco di Palo Laziale, nei pressi di Ladispoli sul litorale romano, per la verifica dello stato generale della vegetazione e della condizione idrica degli stagni temporanei. Valutazione in corso finalizzata anche all’istallazione del sistema di rilevamento meteoclimatico che dovrà guidare molte delle azioni previste dal progetto dimostrativo di ripristino ambientale. A Palo si svolge infatti la parte italiana di un progetto Life “Ripristino, gestione e valorizzazione di habitat prioritari delle aree costiere del Mediterraneo”, affidato per la realizzazione ad Arsial e al Dipartimento di Biologia Ambientale della Sapienza Università di Roma, a cui vengono destinati circa 800 mila euro sugli oltre 2 milioni di finanziamento accordati dall’Unione Europea.
A coordinare l’intervento è tuttavia una Ong greca, Hellenic Society for the Protection of the Nature (HSPN), protagonista insieme ad altri due partner ellenici – Management Body of Nestos Delta (EPAMATH) e Institute of Mediterranean Forest Ecosystems (IMFE) – di un’analoga azione di rispristino ambientale di un’area situata nel Delta del Fiume Nestos in Grecia.
Il bosco di Palo, di proprietà della famiglia Odescalchi, costituisce un sito di interesse comunitario (SIC) che si estende per una superficie di circa 50 ettari lungo il litorale tirrenico. Composto originariamente da un querceto planiziale strettamente connesso con alcuni stagni temporanei, è oggi ampiamente colonizzato da essenze arbustive che se non controllate tendono a prendere il sopravvento. Tanto più che negli ultimi 30 anni il bosco è andato incontro a fenomeni di declino forestale contraddistinti da episodi di mortalità molto elevata, accentuati recentemente dall’azione patogena di parassiti di varia natura.
Parallelamente al degrado del patrimonio boschivo originario è stata riscontrata anche una progressiva regressione della superficie occupata dagli stagni. Due habitat che con tutta evidenza risultano strettamente interconnessi da un punto di vista spaziale ed ecologico.
In seguito a studi preliminari, compiuti dal Dipartimento di Biologia Ambientale della Sapienza Università di Roma, è stato possibile identificare le cause primarie del declino forestale e definire una serie di azioni di ripristino necessarie per arrestare la perdita degli habitat e delle specie che vivono in essi.
Attraverso l’adozione di pratiche selvicolturali e l’applicazione di tecniche di ingegneria ambientale le azioni del progetto mirano a ripristinare il querceto planiziale e ad aumentare l’attuale superficie occupata dagli stagni temporanei, con l’intento di contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici e di salvaguardare gli habitat e le specie animali a maggior interesse conservativo. Gli interventi così concepiti dovranno costituire anche un pacchetto di azioni replicabili in altri contesti, ove siano presenti aree naturali interessate a processi simili di declino ambientale.