Limiti all’impiego di rame in agricoltura biologica. Come gestire le emergenze?

05/11/2018 - 

L’annata agraria che si sta per concludere ha messo a dura prova gli agricoltori impegnati nel tentativo di contenere gli attacchi parassitari provocati da agenti fungini che, grazie all’andamento stagionale particolarmente piovoso, si sono dimostrati di estrema virulenza specie su coltivazioni poliennali di tipo arboreo, quali fruttiferi e vite.

Come è comprensibile, il controllo delle avversità si è reso più difficile nelle aziende a coltivazione biologica che possono contare solo su una ristretta lista di principi attivi da utilizzare nella protezione delle colture, di norma annoverabili tra i prodotti cosiddetti di copertura e pertanto particolarmente vincolanti nelle condizioni di somministrazione. Tra questi, i composti del rame sono tra i principi attivi più utilizzati, anche per il fatto di essersi dimostrati efficaci su un ampio spettro di avversità di origine fungina.

Mentre si discute da tempo del rischio di accumulo dei residui di rame sui terreni agricoli, anche in regime di coltivazione convenzionale, come conseguenza di interventi più o meno massicci di tali sostanze nel corso degli anni, il recente regolamento 1584 della Commissione del 22 ottobre 2018, conferma il limite di 6 Kg/anno per ettaro e ribadisce la possibilità per gli stati membri di autorizzare in deroga per le coltivazioni biologiche ‘perenni’ il superamento del tetto massimo annuale, a condizione che non vengano oltrepassati i 30 Kg complessivi nell’arco di un quinquennio.

Si pone quindi in capo alle amministrazioni regionali il dilemma se concedere o meno la deroga e una volta concessa se fissare, come sembrerebbe ragionevole, un qualche criterio per evitare comunque un sovraccarico di somministrazione nel singolo anno. Onde evitare il paradosso che i 30 kg possano essere concentrati anche in un solo anno nell’arco del quinquennio.

D’altro canto, in annate particolarmente avverse, il vincolo dei 6 chilogrammi/ha si è dimostrato un tetto troppo basso a garantire il raccolto nelle coltivazioni biologiche, tanto che non sono infrequenti casi di superamento del limite annuo da parte degli agricoltori – prontamente sanzionati dagli organismi di controllo – fermo restando il rispetto del quantitativo massimo ammesso nel quinquennio.

Appare ragionevole, di conseguenza, aprire una riflessione sull’opportunità di procedere alla concessione della deroga, mettendo eventualmente in discussione quanto stabilito a livello regionale nel 2010, tenuto conto anche della frequenza negli anni più recenti di andamenti climatici estremi, per piovosità o siccità, che rendono più problematica l’efficacia dei piani di difesa in agricoltura biologica.